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Fondazione Cavalieri di Colombo
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Il 2 ottobre 1881 il ventinovenne assistente parroco della chiesa di St. Mary a New Haven, Padre Michael J. McGivney, riunì un gruppo di uomini nella sua parrocchia allo scopo... continua a leggere   Il 28 agosto 1920 una delegazione di 235 Cavalieri di Colombo, fu ricevuta in Udienza Privata da Sua Santità Papa Benedetto XV. Il Papa li ringraziò per il lavoro caritatevole... continua a leggere
Musei Capitolini
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MENTRE SULL'EUROPA SI ADDENSAVANO NUOVAMENTE LE NUBI DELLA GUERRA, i Cavalieri di Colombo dovettero lottare per rimanere in Italia, poiché Mussolini cercò di prendere il controllo delle attività e delle organizzazioni per la Gioventù Cattolica, inclusi i centri ricreativi dei Cavalieri.
Questi ultimi non solo mantennero i campi sportivi operativi nei primi anni Trenta, ma riuscirono a farli funzionare per tutto il corso della Seconda Guerra Mondiale poiché, quando scoppiò la guerra, i sacerdoti e le suore di Roma chiesero al Papa di mantenerli aperti.
Durante la guerra, l'ufficio romano dei Cavalieri di Colombo cominciò ad agire come collegamento tra il Vaticano e le altre nazioni, in particolar modo con gli Stati Uniti.
Al centro di tutto ciò, vi era il Direttore dell'Ufficio di Roma, il Conte Enrico Pietro Galeazzi che, essendo Governatore della Città del Vaticano ed al tempo stesso il Direttore dell'ufficio dei Cavalieri di Colombo, aveva relazioni strette sia con il Papa che negli Stati Uniti.
Nel 1943, venne inviato a Washington D.C., con una lettera per il Presidente Roosevelt da parte di Papa Pio XII nella quale il Santo Padre chiedeva personalmente che Roma venisse risparmiata da ulteriori bombardamenti Alleati.
Tuttavia Roma subì gli attacchi aerei e gli effetti della guerra. In quei tempi, i centri ricreativi assunsero un valore che andava al di là della loro funzione sportiva. Dopo il bombardamento del 1943 nel quartiere di San Lorenzo, Papa Pio XII insistette nel visitare di persona lo scenario della distruzione.
Con l'auto papale fuori servizio, il Conte Galeazzi accompagnò il Papa nelle vicinanze del campo sportivo di San Lorenzo, che era stato danneggiato dal bombardamento. Camminando in mezzo alla gente sconvolta, il Papa consolò il suo "gregge". Per un periodo, l'Oratorio di San Pietro venne usato anche come quartier generale di Papa Pio XII per la carità personale verso i romani e gli autocarri vaticani furono mandati a prendere viveri in ogni parte d'Italia da portare a Roma per la distribuzione.
In seguito alla guerra, i Cavalieri, sotto il Cavaliere Supremo Francis Matthews, prestarono attivamente assistenza aiutando gli italiani. Dopo la guerra e nel periodo immediatamente successivo, l'Ordine si dimostrò una presenza solida, affidabile e strategica nella Città Eterna, per cui molti Cavalieri Supremi furono ricordati con doni commemorativi dal Papa e dai funzionari vaticani.

Musei Capitolini
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Le conseguenze della guerra

Il campo di gioco Benedetto XV, situato nella zona industriale di San Lorenzo, fu danneggiato dai bombardamenti Alleati del 1943, che distrussero la maggior parte dell'area circostante. Qualche ora dopo il Conte Enrico Pietro Galeazzi, rappresentante dei cavalieri di Colombo a Roma, accompagnò il Santo Padre Pio XII nelle vicinanze del campo sportivo, dove circa 1000 civili avevano perso la vita e migliaia erano stati feriti. Gli abitanti del quartiere si strinsero intorno al Santo Padre che era venuto a condividere con loro quel momento di sofferenza.

Conforto e aiuto

Durante la guerra, una parte dell'Oratorio di San Pietro servì come quartier generale per il programma del Vaticano di distribuzione del cibo iniziato dal Papa stesso per gli abitanti di Roma. Più di 400.000 persone utilizzarono giornalmente questo servizio. La fine della Seconda Guerra Mondiale fece vedere al mondo i bisogni sconvolgenti degli abitanti di Roma. I campi da gioco dei cavalieri furono utilizzati per ospitare aiuti umanitari di organizzazioni come le Nazioni Unite. I vescovi americani riconobbero l'assistenza attiva dei Cavalieri durante la guerra e premiarono la loro prontezza nell'aiutare i fratelli e le sorelle italiane nel momento del bisogno.

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